All’interno di una squadra di calcio, il suo ruolo è senza dubbio il più difficile. Gli altri giocano e lui resta a guardare, avvertendo intorno a sé un certo senso di solitudine e, addirittura, la sensazione di rivestire un ruolo marginale nell’economia della squadra. A volte rimane spettatore non pagante per tutta la partita, salvo poi essere chiamato ad interventi decisivi quando meno se lo aspetta. E lui, il portiere, deve sempre farsi trovare pronto. Conservare la concentrazione è difficile, ma guai a farsi sorprendere dagli avversari. Con queste sensazioni Marco D’Argenio è abituato a convivere da oltre quindici anni, quando militava nelle giovanili dell’Avellino. Dopo una serie di alterne vicende, si è ritrovato al Serino, formazione che disputa il campionato di Eccellenza, dove all’età di 32 anni riveste il doppio ruolo di estremo difensore e preparatore dei portieri. «Scendere in campo mi regala ancora tantissime emozioni – rivela l’avellinese – ma ci sono anche dei giovani molto validi che devono avere l’opportunità di crescere. Quest’anno mi affiancano due Under 20 e ci alterniamo tra i pali del Serino. L’anno scorso ho lavorato con Inserra, ora passato al Pomigliano, mentre in questa stagione alleno Verrone, che ha fatto dei passi in avanti straordinari rispetto ad inizio campionato, e Saraco. Mi sento gratificato nel vedere i risultati ottenuti dai miei ragazzi». Marco è quello che si definirebbe un predestinato: «Mio padre era allenatore in diverse scuole calcio. Anche lui era un portiere così non ho avuto dubbi su quale sarebbe stato il mio ruolo». Cresciuto calcisticamente nell’Avellino, l’estremo difensore ha presto dovuto fare i conti con problemi fisici che hanno troncato sul nascere la sua promettente carriera. «Quando ero nelle giovanili della squadra biancoverde – racconta – ho lavorato con degli ottimi allenatori come Del Gaudio e De Biasi. Ho fatto qualche anno in prestito all’Hirpinia, sempre di Sibilia, alla Putiolana e alla Cavese con cui, nel ’96-’97 ho vinto il campionato interregionale». Con la formazione salernitana, D’Argenio ha collezionato tre presenze incassando due gol. Un risultato positivo visto che l’Avellino ha deciso di riportarlo a casa. «L’anno in C1 è iniziato alla grande. Ho esordito alla prima giornata a causa dell’assenza del primo portiere, Sassarelli. Da avellinese doc, debuttare davanti al proprio pubblico è stata un’esperienza indescrivibile. Tutti mi conoscevano e durante l’intervallo sentivo gridare il mio nome dagli spalti: una sensazione che non si può spiegare a parole». Poi una malattia, l’asma, che lo ha tenuto a lungo lontano dal terreno di gioco. «A gennaio sono stato costretto a fermarmi e, una volta guarito, ho dovuto sostenere una serie di cause sportive per riavere l’idoneità fisica e poter tornare a giocare. In alcuni momenti ho sentito di odiare il calcio, ho anche pensato di abbandonare tutto ma la passione per questo sport è stata più forte di qualunque altra cosa. Non potevo vivere senza il calcio». Così, Marco D’Argenio ha ricominciato daccapo e, dopo una serie di avventure lontano dall’Irpinia, ha scelto il Serino: «Quando ho deciso di riavvicinarmi ho cercato una squadra ambiziosa, che avesse un progetto importante. Cinque anni fa il Serino era in Promozione ma quello stesso anno abbiamo vinto il campionato guadagnando l’Eccellenza. Devo molto a questa società, che mi dà l’opportunità di giocare e di allenare i giovani». In estate, il portiere ha sposato la causa del club, nonostante le difficoltà economiche affliggessero la società. «L’intenzione era quella di fare una squadra di amici – spiega D’Argenio – con Smaldone che faceva l’allenatore- giocatore. Poi i risultati sul campo ci hanno penalizzato nonostante le buone prestazione e si è dovuto correre ai ripari, assumendo un allenatore professionista, De Feo, e acquistando nuovi giocatori per raggiungere la salvezza». Ad un mese di distanza, si cominciano a vedere i primi frutti ma il cammino da fare è ancora lungo e doloroso. «Sono dispiaciuto per Smaldone che è stato allontanato dal suo ruolo di tecnico, anche se continua a giocare con noi, ma dei cambiamenti erano necessari. C’è sempre chi è scontento di alcune scelte perché tutti vorrebbero giocare ma l’allenatore cerca di mandare in campo il miglior undici possibile senza fare preferenze». L’esperienza serinese sta senza dubbio aiutando D’Argenio a maturare e migliorare le proprie competenze ma l’estremo difensore guarda lontano e dice: «Il mio sogno sarebbe lavorare come preparatore dei portieri a livello professionistico. Ho già avuto una proposta dall’Avellino ma ho rifiutato perché lavorare vicino casa significherebbe essere sottoposto costantemente ed esami e critiche. Per dare il meglio di me ho bisogno di allontanarmi e trovare un ambiente più sereno». Nella vita di Marco non esiste solo il calcio: «Più che un lavoro per me è un hobby. Ora mi dedico esclusivamente a questo ma in passato ho fatto corsi di formazione ed orientamento, lavorato come personal trainer e, grazie alla laurea in scienze motorie, ho svolto diverse attività in ambito sportivo. Ora ho messo da parte tutto questo perché, oltre al Serino, sono impegnato con altre squadre per tutta la settimana». Ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di calciatori consiglia «di prendere il calcio come un divertimento e non come un lavoro, di non avere fretta perché, se ci sono, le qualità verranno fuori». Ma cosa insegna Marco ai suoi ragazzi? «Negli ultimi anni il ruolo del portiere è molto cambiato perché si gioca di più con i piedi. In questa categorie, però, la difficoltà maggiore è legata alla non uniformità dei terreni dei gioco. Capita di giocare sull’erba, sulla terra, sul sintetico e bisogna sempre sapersi adattare. Il mio lavoro con i giovani, comunque, più che tecnico è innanzitutto motivazionale. Prima di ogni allenamento o partita gli dico sempre di giocare per divertirsi.
Piera Vincenti da Buongiorno Irpinia del 06-02-09