Il Corpo di Cristo è il pane consacrato, ma il Corpo di Cristo sono soprattutto le persone, gli uomini, le donne, io, il mio corpo. Amare un pezzo di pane, beh è anche molto facile. Credere che lì c’è Dio non ci cambia poi così tanto la vita. Ma amare le persone questa è un’altra cosa. Vedere, credere, che in certi volti ci sia Dio, questo è più impegnativo, più coinvolgente e sconvolgente. Noi non solo viviamo, ma abbiamo bisogno di servire a qualcuno. Abbiamo bisogno di essere utili a qualcuno o a qualcosa; abbiamo bisogno di sentire, insomma, che siamo importanti. Altrimenti, che ci stiamo a fare? Se non serviamo a nessuno, se non siamo utili a nessuno, perché vivere? Se non servo a nessuno, se la mia vita non è utile a nessuno allora vuol dire che, che io ci sia o no, è la stessa cosa. Quante persone si chiedono: “Ma perché vivere?”. Se non servi a nessuno o a niente, non serve vivere. Io ho bisogno che la mia esistenza sia un dono, che sia utile, che sia come il grano che alimenta altre persone. Allora posso vivere, spendermi e anche morire. Io ho bisogno che la mia vita sia significativa per me e per il mondo, come il vino: che dia forza, che disseti, che sia gusto, saggezza, sapore, per altri. Allora posso vivere e anche morire. Io ho bisogno di fare della mia vita un dono, qualcosa di significativo. Io ho bisogno di trovare un senso profondo, radicato, forte alla mia vita. Gesù dice: “Io voglio che la mia vita sia per voi come un pane che vi nutre”. Voglio che la mia vita vi possa nutrire, possa alimentarvi, possa farvi crescere. Allora avrà senso anche la mia vita. E poi dice: “Voglio che la mia vita sia per voi come un vino gustoso”. Sono felice d’aver vissuto e d’aver vissuto così. Dio mi ha condotto fino a qui, io ho riposto in Lui la mia fiducia, e Lui non mi ha tradito. Se devo morire, morirò felice d’aver vissuto e d’aver vissuto così. Perché la vita passa. Non crediate di rimanere qui per l’eternità. Non crediate di vivere per sempre. Ma se nel mio vivere e nel mio consumarmi, spendermi, io divento vita che dà vita, allora posso anche consumarmi e posso anche passare. Chi vive non teme di morire. La vita è donarsi: ho bisogno di servire, ho bisogno di alimentare altre vite, ho bisogno che la mia vita produca vita, così il mio morire sarà vitale. Altrimenti è solo morire.
Il Cristianesimo è la religione della mediazione. E la più grande mediazione è il corpo. Dio si è dato a noi attraverso il corpo di Gesù. Dio si dà a me attraverso il mio corpo; Dio si dà a me attraverso il corpo di chi mi è vicino.
Il Cristianesimo è la religione del corpo. Per secoli si è diviso materia (e quindi corpo e tutto ciò che è umano) e spirito. Il mio corpo non è nient’altro che il luogo di Dio. Come il pane della domenica è il luogo di Dio, così il mio corpo. Dio è qui. E lo spirito, se esiste in questa terra, esiste solo in un corpo. Il corpo è spirituale e lo spirito è corporeo. Quando sto male nel corpo, anche lo spirito soffre e quando lo spirito sta bene, anche il corpo sta bene. Il corpo è la visualizzazione, lo schermo del nostro spirito. Chi non ama il corpo non ama Dio, perché il corpo è tempio dello Spirito. Il mio corpo ha bisogno di me, tanto quanto io ho bisogno del mio corpo. Il mio corpo ha bisogno di carezze e di contatto, non perché è bello e attraente, ma perché il mio spirito ha bisogno di amore, di essere riconosciuto e toccato. Il mio corpo ha bisogno di coccole, di abbracci e di gesti affettivi perché l’amore è molto concreto: quando una mamma ama lo fa attraverso le sue mani, il suo seno, il suo corpo e le sue parole. E ha bisogno di contatti veri, profondi, dove io non prendo paura, dove l’altro non vuole conquistarmi, dove l’altro non vuole sedurmi (se-durre: attirare sé), ma mi lascia e mi prende per quello che sono senza volermi fare qualcosa. Il mio corpo ha bisogno di piacere, perché il mio spirito brama tutto ciò che è bello, buono e divino. Il mio corpo ha bisogno di cura non per far colpo sugli altri, per conquistarli, per sedurli, ma perché curare il mio corpo è curare la mia anima.Il mio corpo ha bisogno di digiuno non per essere magro e snello come lo impone la moda, ma perché ha bisogno di disintossicarsi dal troppo, ha bisogno di pause sane per non essere così pieno da non sentire più lo spirito che parla dentro di me. Il mio corpo ha bisogno di silenzio, di meditazione, di passeggiate e di preghiera, per entrare in contatto con il corpo di Dio, che è il mondo e che vive attorno a me, per sentirsi in sintonia e parte di qualcosa che è più grande di lui. Il mio corpo ha bisogno che io lo stimi, che io lo apprezzi, che io gli voglia bene. Perché se io non lo stimo non stimo me; e se lo combatto, combatto me; e se lo odio perché è troppo grasso, grande, piccolo o non come vorrei, in realtà non odio altro che me. E se lo disprezzo, disprezzo me. E se lo nascondo o me ne vergogno, è di me che mi vergogno.
Quando vado a fare la comunione il Corpo di Cristo viene in me, viene ad abitare in casa mia. Allora: se lo fa Dio, lo posso fare anch’io. Se lui non si vergogna di venire qui dentro, se lui si degna di abitare nella mia casa, e anzi viene per amarla, se viene perché è felice d’incontrarmi, se viene per diventare un tutt’uno con me, Corpo nel corpo, allora io devo smetterla di farmi del male e di combattermi. Devo provare ad amare e ad accogliere questo mio fisico, devo provare a volergli bene e a finirla con il vergognarmi e col nascondermi.
Quando ogni domenica io vado a fare la comunione, non solo viene detto: “Corpo di Cristo” ed io dico: “Sì”; ma anche: “Corpo di Marco (ciascuno metta il suo nome)” e Cristo dice: “Sì”. Io dico “sì “ a Lui, ma Lui dice “sì” a me. Lui è onorato di venire nel mio corpo. E il mio corpo è onorato di riceverlo.
Il Cristianesimo è la religione della mediazione. E la più grande mediazione è il corpo. Dio si è dato a noi attraverso il corpo di Gesù. Dio si dà a me attraverso il mio corpo; Dio si dà a me attraverso il corpo di chi mi è vicino.
Il Cristianesimo è la religione del corpo. Per secoli si è diviso materia (e quindi corpo e tutto ciò che è umano) e spirito. Il mio corpo non è nient’altro che il luogo di Dio. Come il pane della domenica è il luogo di Dio, così il mio corpo. Dio è qui. E lo spirito, se esiste in questa terra, esiste solo in un corpo. Il corpo è spirituale e lo spirito è corporeo. Quando sto male nel corpo, anche lo spirito soffre e quando lo spirito sta bene, anche il corpo sta bene. Il corpo è la visualizzazione, lo schermo del nostro spirito. Chi non ama il corpo non ama Dio, perché il corpo è tempio dello Spirito. Il mio corpo ha bisogno di me, tanto quanto io ho bisogno del mio corpo. Il mio corpo ha bisogno di carezze e di contatto, non perché è bello e attraente, ma perché il mio spirito ha bisogno di amore, di essere riconosciuto e toccato. Il mio corpo ha bisogno di coccole, di abbracci e di gesti affettivi perché l’amore è molto concreto: quando una mamma ama lo fa attraverso le sue mani, il suo seno, il suo corpo e le sue parole. E ha bisogno di contatti veri, profondi, dove io non prendo paura, dove l’altro non vuole conquistarmi, dove l’altro non vuole sedurmi (se-durre: attirare sé), ma mi lascia e mi prende per quello che sono senza volermi fare qualcosa. Il mio corpo ha bisogno di piacere, perché il mio spirito brama tutto ciò che è bello, buono e divino. Il mio corpo ha bisogno di cura non per far colpo sugli altri, per conquistarli, per sedurli, ma perché curare il mio corpo è curare la mia anima.Il mio corpo ha bisogno di digiuno non per essere magro e snello come lo impone la moda, ma perché ha bisogno di disintossicarsi dal troppo, ha bisogno di pause sane per non essere così pieno da non sentire più lo spirito che parla dentro di me. Il mio corpo ha bisogno di silenzio, di meditazione, di passeggiate e di preghiera, per entrare in contatto con il corpo di Dio, che è il mondo e che vive attorno a me, per sentirsi in sintonia e parte di qualcosa che è più grande di lui. Il mio corpo ha bisogno che io lo stimi, che io lo apprezzi, che io gli voglia bene. Perché se io non lo stimo non stimo me; e se lo combatto, combatto me; e se lo odio perché è troppo grasso, grande, piccolo o non come vorrei, in realtà non odio altro che me. E se lo disprezzo, disprezzo me. E se lo nascondo o me ne vergogno, è di me che mi vergogno.
Quando vado a fare la comunione il Corpo di Cristo viene in me, viene ad abitare in casa mia. Allora: se lo fa Dio, lo posso fare anch’io. Se lui non si vergogna di venire qui dentro, se lui si degna di abitare nella mia casa, e anzi viene per amarla, se viene perché è felice d’incontrarmi, se viene per diventare un tutt’uno con me, Corpo nel corpo, allora io devo smetterla di farmi del male e di combattermi. Devo provare ad amare e ad accogliere questo mio fisico, devo provare a volergli bene e a finirla con il vergognarmi e col nascondermi.
Quando ogni domenica io vado a fare la comunione, non solo viene detto: “Corpo di Cristo” ed io dico: “Sì”; ma anche: “Corpo di Marco (ciascuno metta il suo nome)” e Cristo dice: “Sì”. Io dico “sì “ a Lui, ma Lui dice “sì” a me. Lui è onorato di venire nel mio corpo. E il mio corpo è onorato di riceverlo.