Alistar viveva a Futurandia, una grande e bella città con strade larghe e spaziose. I palazzi erano tutti di vetro e cemento armato ma c’erano anche dei bei giardini in cui i bambini potevano andare a giocare. Da qualche anno erano stati aboliti i prati verdi e al loro posto c’erano enormi spazzali di gomma morbida su cui si poteva correre in tutta tranquillità. Anche gli alberi e i fiori non c’erano più, nessuno nel futuro aveva tempo per queste sciocchezze. Alister era molto felice di vivere in una città così moderna e tecnologica dove nessuno era costretto a camminare a piedi perché c’erano tante automobili, da cui uscivano nuvolette grigie e maleodoranti. Per strada, poi, nessuno voleva andarci perché c’erano rifiuti abbandonati dappertutto e il rumore della città era troppo assordante. Siccome a Futurandia nessuno coltivava la terra, si mangiavano soltanto cibi precotti che sapevano di medicina.
Un giorno dopo la scuola, Alistar si tuffò sul letto per riposare. All’improvviso, il letto si sollevò dal pavimento, uscì dalla finestra e cominciò a volare sulla città. Alistar temeva di cadere ma non poteva scendere perché stava troppo in alto. Vide palazzi e grattacieli, sorvolò monti, colline e mari e, quando finalmente il letto toccò terra, si ritrovò in mezzo alla giungla, un luogo meraviglioso che non aveva mai visto. Un gruppo di ragazzi della sua stessa età lo fissava incuriosito e Alistar fece stesso. Indossavano soltanto un perizoma, avevano la pelle scura e il volto colorato di verde e rosso. Si studiarono per un po’, poi il più grande, di nome Sipola, prese Alistar per mano e lo portò al villaggio. La tribù dei Nesoti non abitava in case ma in capanne costruite con rami e foglie di bambù, dormiva su giacigli di paglia, respirava aria pura e non aveva neanche l’elettricità. Le donne percorrevano ogni giorno tanti chilometri per andare a prendere l’acqua al fiume mentre gli uomini trascorrevano l’intera giornata cacciando o pescando per procurarsi il cibo. Sipola tinse il volto di Alistar e disse: “Questo è un giorno speciale, oggi diventeremo adulti”. Ora che faceva parte della tribù, anche lui doveva superare la prova. Alistar era spaventato, voleva scappare ma, proprio mentre cercava di tornare al suo letto, arrivò il re Tomar, che diede il via alla gara.
“Dovete tagliare la quercia secolare che dominava il bosco, altrimenti sarete allontanati dal villaggio”, minacciò il potente sovrano. Armati di asce e corde, i ragazzi tentarono di tutto per abbattere l’albero ma non ci riuscirono. Tornarono dal re Tomar sconfitti e rassegnati ma, invece, il sovrano li premiò.
“Non distruggendo la quercia protettrice del popolo – disse – avete dimostrato coraggio e rispetto per la natura, che nutre e fa vivere gli uomini”. La sera ci fu una grande festa. Alistar, diventato adulto, danzò con la tribù dei Nesoti e gustò deliziosi frutti esotici mai assaggiati prima. Poi andò a coricarsi insieme ai suoi nuovi compagni. L’unico suono che udì prima di addormentarsi fu il rumore lieve che il vento fa tra le foglie degli alberi. Poi, all’improvviso, una sirena assordante lo svegliò. Era di nuovo nel suo letto, intorno a lui non c’era più la natura incontaminata della foresta ma asfalto e spazzatura, e il silenzio aveva lasciato il posto al frastuono della città.