Scatti di famiglia. Una famiglia molto particolare che fa riferimento ad un unico capo, Ziona Chana, un energico ultrasessantenne che è riuscito ad entrare nel guinness dei primati per la famiglia più numerosa del mondo: 39 mogli, 94 figli, 33 nipoti e 14 cognate, per un totale di 181 persone.
Il guru indiano risiede nel villaggio di Baktawng nel nord dello Stato di Mizoram, più o meno al confine tra Myanmar e Bangladesh, una zona dell’India in cui esiste una realtà tribale molto complessa. Ogni clan e sottoclan professa una fede rara e ignota. La maggior parte si ispira al cristianesimo ma non è difficile trovare minoranze indù, buddiste e musulmane.
In questo quadro così pittoresco si inserisce la storia del signor Chana, leader ereditario di una setta che porta il suo nome, fondata dal bisnonno nel 1942. Attualmente il clan raccoglie circa 400 famiglie ma è destinato a crescere ancora e a “dominare il mondo con l’aiuto di Gesù Cristo”, assicura Ziona che si è messo d’impegno per far avverare la profezia annunciata nella sua religione, la quale consente agli uomini di sposare tutte le donne che vogliono. Quelle di Chana sono 39 ma il guru indiano non si accontenta e afferma di voler cercare nuove mogli “anche negli Stati Uniti, se necessario”.
Per ospitare la sua numerosa famiglia, papà Ziona ha dovuto costruire un edificio adatto, cento stanze su quattro piani, chiamato Chhuanthar Run (La Casa della nuova generazione) e organizzato come una caserma , con turni, orari per ogni attività e rigide regole fatte rispettare dalla veterana delle mogli, Zathiangi, sua compagna dall’adolescenza. La donna, ormai 69enne, non svolge più un ruolo operativo ma è fondamentale per il coordinamento delle attività del clan, soprattutto per quanto concerne la gestione dei pasti, un momento comunitario che richiede l’impiego quotidiano di una trentina di polli, almeno sessanta chili di patate e un quintale di riso. La famiglia è perfettamente autosufficiente. All’interno dell’edificio, infatti, ci sono una scuola, un parco giochi, botteghe di falegnameria, dove lavorano tutti gli uomini, un porcile, un pollaio, una risaia e un orto grande abbastanza per fornire verdure a tutti.
La cucina si trova all’esterno, i pasti vengono cucinate su un grande fuoco che viene tenuto acceso tutto il giorno e tiene costantemente impegnate le donne di casa, almeno quando non sono occupate nella camera da letto del loro sposo. I turni del talamo nuziale sono organizzati direttamente da Ziona “con un sistema a rotazione”.
Le mogli più giovani hanno il privilegio di dormire più vicino alla stanza del marito mentre le altre, come si usava negli harem dei sultani, si accumulano in dormitori comuni lontani dal lettone del capofamiglia. Il sistema sembra funzionare e le donne si dichiarano soddisfatte e fortunate per essere sposate con “l’uomo più affascinante del villaggio”. Con entusiasmo Ziona, che confida al quotidiano inglese The Sun di sentirsi “un figlio prediletto di Dio, che mi ha concesso così tante persone di cui occuparmi”, spiega di non aver mai chiesto aiuto al governo perché la sua comunità è del tutto autosufficiente. Anzi, uno dei figli dichiara che il padre ha sposato le donne più povere del paese proprio per aiutarle a uscire dalla povertà.
In questa eccezionale famiglia vanno tutti d’amore e d’accordo, come rivela una delle 39 moglie, dall’ostico nome di Huntharngharki: “Se una famiglia si fonda sull’amore e il rispetto reciproco non può che essere un successo”. Un successo confermato anche dai numeri.