Il fatidico 3 aprile è finalmente arrivato. La data che tutti noi aspettavamo con ansia, speranzosi che potesse segnare la fine dell’emergenza coronavirus, si è invece rivelata soltanto una tappa intermedia verso la guarigione.
Un mese fa, quando hanno annunciato le misure restrittive, il 3 aprile mi sembrava un giorno lontanissimo. Mi sono chiesta: quando passerà il tempo chiusa in casa, senza la possibilità di andare al lavoro e di coltivare i miei hobby? Senza passeggiate in città, escursioni e serate salsere?
Eppure questo mese è volato. Ogni giorno abbiamo fatto la conta dei malati e dei deceduti, rinsaldando la convinzione che per superare questo momento è necessario stare a casa. Nonostante la reclusione forzata questo per me è stato un periodo felice e proficuo, in cui ho potuto investire su me stessa, continuare a formarmi per migliorare le mie competenze professionali, curare i miei progetti per farmi trovare pronta quando tutto questo finirà.
Se ho paura del futuro? Certo, mi spaventa molto l’incertezza che ci aspetta non solo a livello sanitario ma anche economico e penso a tutte quelle persone che, come me, si troveranno senza lavoro e dovranno ricostruire la loro vita, senza avere a disposizione tutti i pezzi. Come un puzzle a cui mancano dei tasselli. Incompleto.
Ma nonostante tutto oggi voglio sorridere. Voglio essere grata alla vita e a Dio perché in questo deserto non mi è mancata l’acqua né la forza di andare avanti, perché in tanta aridità ho potuto coltivare in me sentimenti d’amore, di pazienza e di pace.