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Eroine romantiche nella letteratura: cosa ci insegnano sull’amore

Coraggiose, indomite, romantiche: sono così le eroine della letteratura e del cinema che hanno appassionato generazioni di donne in tutto il mondo. Modelli di indipendenza e di ribellione, le protagoniste femminili di libri e film sono in realtà anime romantiche accomunate dallo stesso desiderio di vivere un amore libero dalle regole e dagli schemi precostituiti.

Allora, non è insolito vedere che l’eroina di turno attraversa numerose peripezie, sfida le convenzioni sociali e con coraggio combatte per affermare i propri ideali e conquistare l’amore che spera. L’happy ending sembra quasi un finale doveroso per chi ha saputo lottare, credere e aspettare per coronare il suo sogno.

E non importa se per farlo devi attendere “per cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni”, come fanno i protagonisti de L’amore ai tempi del colera di Gabriel García Márquez. Fiorentino Ariza e Fermina Daza perseverano nel loro amore senza mai vacillare davanti a nulla, né alle minacce del padre di lei né al matrimonio di Fermina con il dottor Urbino. Un eterno incrollabile sentimento che i due protagonisti continuano a nutrire contro ogni speranza fino all’inattesa, felice conclusione.

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Di esempi del genere è piena la letteratura. Eliza Sommers, protagonista della Figlia della fortuna di Isabel Allende, per amore lascia il Cile e attraversa mezza America fino ad arrivare in California sulle tracce del suo innamorato, partito alla ricerca dei giacimenti d’oro. Per lui affronta mille avventure e pericoli, animata soltanto da un sentimento ormai lontano che però continua ad accompagnarla con la costanza e la sfacciataggine di un fantasma. Eliza riuscirà a liberarsi di lui e a vivere un nuovo amore soltanto quando vedrà la testa mozzata del suo antico fidanzato, arrendendosi all’evidenza della sua morte e all’impossibilità di vivere un sentimento mai veramente sbocciato.

Le protagoniste femminili di Isabel Allende sono accomunate tutte dalla stessa capacità di amare con passione, senza mai perdere la loro identità e la loro missione. Donne reali eppure eroine, che affrontano la quotidianità con grinta e determinazione e non si perdono d’animo di fronte alle difficoltà della vita, sempre pronte a inseguire un sogno o l’amore, anche quando questo richiede sacrificio e perdita. Perché, “l’amore, come la fortuna, giunge quando meno te l’aspetti. Ti scaraventa nella confusione e svanisce come nebbia quando vorresti trattenerlo”.

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La stessa Isabel Allende potrebbe essere definita un’eroina romantica, appassionata, spinta sempre dal desiderio di libertà. Nel libro Paula racconta di quando lascia il marito, i due figli e il Sud America per scappare a Madrid con il suo amante argentino. La storia durò pochi giorni ma causò molto dolore. Un senso di colpa che, la stessa Allende ha recentemente confessato, ancora non la abbandona.

Ed è stata romantica e coraggiosa anche il giorno in cui conobbe il suo secondo marito, William Gordon. I due si incontrarono a una conferenza a San Francisco nell’86. “Non sospettavo che là la mia sorte sarebbe cambiata ancora una volta. Incontrai l’uomo che era scritto nel mio destino”, scrive Isabel che, per conquistarlo, gli chiese delle sua vita. “Presto capii di essere incappata in una di quelle gemme rare di cui i narratori di storie vanno sempre a caccia: la vita di quell’uomo era un romanzo”.

Willie la invitò a casa, non il super attico di uno scapolo divorziato ma una villetta dove il figlio minore dell’uomo, un bambino di dieci anni, li accolse con proiettili di gomma. Con Willie vivevano anche gli altri due figli, tossicodipendenti, e la casa era ridotta in uno stato pietoso. “Non feci una piega. Il desiderio fa questo effetto su alcune persone, le rende eroiche”, racconta l’autrice. Il giorno dopo, Isabel salì su un aereo diretta in Sud America. “Ma una settimana dopo ero già tornata senza essere stata invitata. Mi trasferii a casa sua e sei mesi più tardi fu costretto a sposarmi perché lo inchiodai al muro”. Il loro matrimonio è durato fino al 2015, quando all’età di 74 anni Isabel Allende ha chiesto il divorzio per risposarsi, qualche anno più tardi, con il terzo marito Roger, ormai alle soglie degli 80 anni.

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Nulla è mai definitivo, nulla acquisito per sempre. Neppure un sentimento che ci si ostina a voler trattenere quando ormai è svanito. Ce lo insegna Rossella O’Hara, protagonista del romanzo Via col Vento di Margareth Mitchell e dell’omonimo film. Ambiziosa e indomita, per tutta la vita coltiva l’amore ingenuo e impossibile per Ashley Wilkes, rifiutandosi di ammettere i suoi sentimenti verso il marito Rhett Butler. Quando, al termine della storia, si accorgerà che non le importa di non essere amata da Ashley perché in realtà il suo cuore appartiene a Rhett, sarà già troppo tardi. L’uomo, dopo continui rifiuti, la lascerà con una frase divenuta celebre: “Francamente me ne infischio”. Eppure, Rossella ancora non si arrende. Piange, affranta, sulle scale fino all’unica conclusione possibile per una donna ostinata come lei: tornare a Tara, riconquistare la sua terra e il suo uomo. “Dopotutto, domani è un altro giorno”.

L’ostinazione, un “male molto forte; si aggrappa al cervello e spezza il cuore. Di ostinazioni ce ne sono molte, ma quella dell’amore è la peggiore”, scrive sempre Isabel Allende. Un esempio di perseveranza e forza di volontà è l’eroina di Lev Tolstoj. Fino alla sua tragica fine, Anna Karenina lotta contro le convenzioni del suo tempo pur di poter stare con l’unico amore della sua vita: il conte Vronskij, che la corteggia spietatamente, al punto che lei non può più resistere alla passione.

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La passione e l’ostinazione possono essere distruttive. Anna arriva al suicidio, l’amore tra Catherine Earnshaw e Heathcliff, protagonisti del romanzo Cime tempestose di Emily Brontë, sopravvive alla follia e alla morte dei due protagonisti. Un legame indissolubile ben descritto dalla nostra eroina: “Lui è me più di quanto lo sia io. Di qualunque cosa sono fatte le nostre anime, la sua e la mia sono uguali”. Entrambi sono inquieti, fragili, e l’amore tra i due si trasforma in qualcosa di simbiotico, morboso. Catherine però è ricca e viziata mentre Heathcliff è povero, e la giovane decide di sposare un uomo del suo rango. Heathcliff fugge. Catherine, colpita dall’abbandono, accusa una crisi di nervi che la porta quasi alla morte, che sopraggiungerà tre anni dopo mentre la donna dà alla luce la sua bambina. Ma soltanto dopo che i due amanti si saranno rivisti, parlandosi per la prima volta a cuore aperto e confessandosi un amore forte più della morte.

L’amore non è solo romantico e le nostre eroine non si struggono soltanto in sentimenti più o meno impossibili. Cercano la pienezza della relazione anche attraverso il sesso. È il caso di Connie, protagonista del L’amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence, romanzo che fece scandalo quando venne pubblicato nel 1928. Connie è un’eroina cosciente che la libertà e la completezza di una storia d’amore passano anche attraverso la sessualità. Moglie frustrata di un reduce di guerra, impotente e indifferente verso la giovane, Lady Chatterley si innamora profondamente del guardiacaccia della tenuta di suo marito. Con lui vive una storia di passione intensa, improntata alla ricerca dal piacere come strumento per consolidare l’amore. Lady Chatterley ci insegna che l’amore coniugato con il sesso è una prerogativa anche femminile, che le donne non sono solo eroine romantiche ma eroine concrete, calate nella realtà che vivono e capaci di scegliere e assumersi le conseguenze delle loro azioni.

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Connie spiana la strada alle eroine moderne, quelle che hanno compreso che le donne non sono principesse da salvare né crocerossine pronte a immolarsi per il proprio uomo. Ma sono rocce a cui sostenersi: forti, indipendenti, libere. Che combattono per amore, sì, ma solo se questo rappresenta un valore aggiunto nella loro vita. Che l’amore è un mezzo e non il fine e che nessuno appartiene a nessun altro e che la forza della libertà è l’unico legame in grado di unire.

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